Con le Scarpa Villas, Scarpa ha scelto di radicarsi a Verduno anche attraverso l’ospitalità.Investire qui – tra le colline di uno dei cru più significativi del Barolo, Monvigliero – significa riconoscere il valore dei luoghi che hanno fatto la storia del vino piemontese, e contribuire a raccontarli nel presente.Oggi la nostra “Barolo Luxury Escape”è un progetto che nasce dal vino e si apre all’esperienza – con la volontà di creare spazi in cui il paesaggio possa essere vissuto con lentezza e consapevolezza, per restituire continuità a una cultura che ha nel tempo, nella bellezza e nella misura i suoi riferimenti più autentici. Abbiamo chiacchierato con l’architetto Matteo Scalise, firma – con Archistudio14 – del progetto di restyling delle ville, per farci raccontare come si progetta un luogo che rispetta ciò che lo circonda e come si costruisce ospitalità partendo dalla misura.
Le Scarpa Villas sono nate da un progetto preesistente. Da dove siete partiti e come avete impostato il vostro intervento?
Quando siamo stati coinvolti nel progetto, ci siamo trovati di fronte a un complesso già definito nelle sue volumetrie: i fabbricati erano stati realizzati tra il 1996 e il 2000, in sostituzione di una vecchia cascina. Il progetto originario, firmato dall’arch. Ginomario Bemer, aveva previsto il recupero di materiali locali – come il mattone piemontese – e una composizione armonizzata al paesaggio.
Il nostro lavoro si è concentrato sul restyling degli interni, con l’obiettivo di trasformare ogni villa in una residenza di charme, coerente con l’identità di Scarpa e con lo spirito delle Langhe.
Qual è stata l’impostazione progettuale alla base delle Scarpa Villas?
Abbiamo lavorato con cura sulla scelta degli arredi, dei materiali e dell’illuminazione, cercando di valorizzare l’identità di ogni ambiente, pur mantenendo coerenza con l’impianto architettonico originario. L’attenzione al dettaglio è stata fondamentale: volevamo che ogni spazio trasmettesse un senso di accoglienza sobria, intima e sartoriale.
Il paesaggio ha giocato un ruolo centrale. Le ville si affacciano sulle colline vitate di Monvigliero, e l’elemento scenografico della piscina panoramica è stato progettato per dialogare in modo rispettoso con la natura circostante, diventando punto di incontro tra relax, estetica e panorama. Il silenzio, la luce, la materia: ogni elemento è stato calibrato per offrire un’esperienza di soggiorno che fosse profondamente radicata nel territorio, ma capace di parlare un linguaggio contemporaneo.
Come avete interpretato l’identità storica di Scarpa in chiave architettonica, all’interno di un contesto così stratificato come quello delle Langhe?
Lavorare per un luogo come le Langhe significa confrontarsi con una densità culturale e visiva straordinaria. È un paesaggio vivo, fatto di trame agricole, architetture rurali, materiali nobili, tradizioni profonde e allo stesso tempo di nuove esigenze, nuove forme di ospitalità, nuove sensibilità.
Il nome Scarpa porta con sé un’eredità importante: non solo quella di una storica cantina piemontese, ma anche di una filosofia produttiva radicata nel rispetto del tempo, nella cura artigianale, nell’eccellenza non esibita. Abbiamo cercato di tradurre tutto questo in scelte progettuali misurate, coerenti, e soprattutto capaci di raccontare senza spiegare.
Il nostro intervento non ha cercato di imporsi, ma di ascoltare. Abbiamo interpretato gli spazi delle ville con l’intento di evocare un’eleganza silenziosa, fatta di materiali autentici, luce naturale, dettagli discreti ma significativi. Gli arredi sono stati selezionati e progettati con uno sguardo contemporaneo, ma sempre in dialogo con l’identità storica e con l’atmosfera della campagna piemontese.
Abbiamo evitato ogni tentazione decorativa, ogni “messa in scena”, preferendo un linguaggio architettonico essenziale, capace di lasciare spazio all’esperienza: quella dell’ospite, della luce che cambia durante il giorno, del silenzio delle vigne, del tempo che rallenta.
In questo senso, il nostro lavoro è stato più interpretativo che dichiarativo. L’identità storica di Scarpa è entrata nel progetto come riferimento culturale profondo, non come citazione formale. Abbiamo cercato di restituirla attraverso la qualità degli ambienti, la cura nei dettagli e la capacità degli spazi di far sentire “a casa” anche il viaggiatore più esigente.
Le Villas si inseriscono nel cru Monvigliero, tra i più prestigiosi del Barolo: quanto ha influito questo dato nella definizione dello stile e dei volumi?
Il fatto che le ville si trovino all’interno del cru Monvigliero, uno dei più noti e pregiati del Barolo, è stato per noi un punto di partenza imprescindibile. Anche se l’impianto architettonico delle ville era già stato realizzato nei decenni precedenti, la nostra responsabilità era quella di reinterpretare e rifinire gli spazi con una consapevolezza profonda del contesto.
Monvigliero non è solo un territorio vitivinicolo d’eccellenza: è un paesaggio culturalmente sensibile, emotivamente potente, dove ogni dettaglio conta. Qui, ogni intervento costruito si misura con una bellezza naturale e agricola plasmata da secoli di lavoro umano, da ritmi stagionali, da saperi che si tramandano.
Questo ci ha portati a lavorare in modo estremamente misurato. Abbiamo cercato uno stile sobrio, mai invasivo, capace di rispettare la gerarchia visiva del paesaggio: il protagonista resta sempre il vigneto, la collina, la luce.
L’architettura delle ville è rimasta in ascolto del contesto, limitandosi a suggerire eleganza e comfort, senza mai ostentare.
Anche nella piscina panoramica, elemento fortemente scenografico, abbiamo lavorato con attenzione per fondere forma e funzione: il bordo che si perde nell’orizzonte delle vigne non è solo un gesto estetico, ma un modo per dare continuità tra architettura e natura.
In definitiva, il cru Monvigliero ha influenzato non solo lo stile, ma l’atteggiamento progettuale: sobrio, rispettoso, essenziale. Un approccio che mette il vino, la terra e l’ospitalità al centro, lasciando che l’architettura faccia il suo lavoro con discrezione e precisione.




