dicembre 2024

Il mondo cambia, la nostra visione no: la vendemmia 2024

Anche quest’anno il ciclo vitale dell’uva è giunto al termine. Nonostante le difficoltà, le incertezze climatiche e le sfide imposte dalla natura, la vendemmia 2024 ci ha visto impegnati a raccogliere i frutti del nostro lavoro con la solita fiducia. E se il mondo intorno a noi cambia rapidamente, la visione di Scarpa rimane sempre la stessa: una visione di qualità, eleganza e attenzione al dettaglio. Abbiamo voluto parlare di quest'annata particolare con Silvio Trinchero, enologo di Scarpa dal 2007, e con Carlo Castino, un pilastro della storia dell'azienda, per capire come il lavoro in vigna e in cantina ha affrontato le sfide del 2024 e come, nonostante i cambiamenti, la cura resta sempre il cuore della nostra filosofia.

Silvio, partiamo subito dalle domande di rito. Come descrivi quest'annata 2024?

Non si può negare, è stata l'annata più difficile da quando lavoro qui. Le condizioni climatiche sono state particolari, con molte piogge. Dopo due annate molto siccitose, un po' di acqua ci voleva, ma le piogge abbondanti – ad oggi siamo già oltre i 1000 mm, più del doppio rispetto all’anno scorso! – ci hanno costretto a interrompere e riprendere la vendemmia in più momenti per raccogliere i grappoli in tempo, in particolare i Nebbioli, prima che il maltempo si facesse più intenso.

È stata un’annata che ha richiesto molta interpretazione. A memoria, ho trovato similitudini solo con la 2014, più per i rovesci estivi, perché in realtà quest’anno le piogge forti sono arrivate già da marzo. In generale, è stata una vendemmia tribolata, ma ce l’abbiamo fatta! Abbiamo dovuto lavorare come non facevamo da tanto, cercando ogni finestra di bel tempo, approfittando di ogni minuto. La gestione è stata difficile, ma il risultato è positivo. In anni come questo la gestione del vigneto e la posizione fanno la differenza - nelle annate “facili” l’uva matura bene dappertutto; in annate complicate la selezione premia sicuramente!


Come avete lavorato in vigna?

In vigna abbiamo dovuto lavorare come si faceva tanto tempo fa, quindi andando ad aprire la fascia dei grappoli per farli asciugare dopo le grandi piogge. Abbiamo avuto un periodo di caldo intenso tra luglio e agosto, il che ci ha portati a fare diradamento molto leggero di rifinitura per proteggere l’uva dal sole. Le nuove piogge di fine agosto-inizio settembre hanno fatto rigonfiare ancora i grappoli di Barbera e abbiamo fatto un altro leggero passaggio per togliere qualcosa. Per il resto, in generale, vale sempre la stessa regola: rimanere attenti e presenti.


E in cantina? Hai già qualche anticipazione su come sarà l’annata?

La vinificazione come sempre viene adattata a quello che ci arriva dal vigneto. Quest’anno come non mai era fondamentale portare a casa delle uve sane. La differenza rispetto ad altre annate è il tempo di macerazione: quest’anno le bucce erano piuttosto sottili per l’effetto delle piogge prolungate, perciò non abbiamo insistito troppo sulle macerazioni. In generale non facciamo follature, facciamo sempre estrazioni gentili, ma quest’anno è stato ancora più evidente.

I vini stanno ancora finendo la fermentazione, ma sono promesse di eleganza. Non avranno la struttura delle annate più calde, ma sono sicuramente più fini e delicati. Mi viene da dire che questa vendemmia ci sta regalando un po’ l’idea di un’annata d’altri tempi.


Rigore, cura ed eleganza, quindi – come sempre, per Scarpa. Sono cambiate tante cose dai tempi di Carlo, però, o sbaglio?

Sicuramente è difficile fare un confronto diretto tra i vini di oggi e quelli che produceva Carlo. Ovviamente le tendenze e preferenze del mercato sono diverse; la ricerca di eleganza è però una parte fondamentale della nostra filosofia sin dagli inizi. Il nostro obiettivo è sempre stato quello di ottenere vini equilibrati, freschi e eleganti – anche quando non era la tendenza dominante. Oggi, questo approccio viene riconosciuto e premiato.

Quello che è cambiato, soprattutto, è il lavoro in vigna. Oggi si lavora meno, ma meglio. Rispetto al passato, vendemmiamo almeno tre settimane prima, specialmente per la Barbera, dove c'è il rischio di ottenere vini troppo carichi se si aspetta troppo. L’acidità, per noi, non è mai stata un limite; anzi, abbiamo sempre preferito fare lunghi affinamenti per dare complessità ai vini – l’acidità è di grande aiuto in questo.

Per quanto riguarda il nebbiolo, la gestione della maturazione fenolica è fondamentale, quindi non possiamo anticipare troppo la vendemmia; il barbera, invece, ha risposto meglio ai cambiamenti climatici: è un vitigno più plastico e poliedrico. Oggi produciamo vini più strutturati rispetto al passato, ma grazie alla buona acidità, la struttura viene bilanciata e il vino rimane snello. Negli ultimi anni, è anche tornata in voga la botte grande, che è un altro elemento chiave della nostra filosofia. Un piccolo cambiamento riguarda il periodo di affinamento: abbiamo scelto di ridurne gradualmente la durata, passando da 36 mesi a 28-30 mesi. Anche se utilizziamo botti grandi, che sono meno invasive rispetto alle barrique, un affinamento più breve permette di preservare una maggiore freschezza e finezza nel vino, caratteristiche fondamentali per la nostra filosofia. In parallelo, stiamo dando più spazio all’affinamento in bottiglia prima dell’uscita sul mercato. Questo passaggio consente ai vini di armonizzarsi e sviluppare ulteriormente la loro eleganza.

In generale, la visione non cambia: salvaguardare il vigneto, che è il primo tassello della qualità.

Una cura costante del vigneto offre benefici sia nel breve che nel lungo periodo – sappiamo di avere in custodia un patrimonio importantissimo e vogliamo prendercene cura al meglio. Non vogliamo spingere troppo le produzioni, preferiamo mantenere le viti in equilibrio il più possibile. Quest’anno, a dirla tutta, le piogge intense, per quanto ci abbiano messi in difficoltà, sono state di grande aiuto nel ristabilire l’equilibrio rimpinguando le risorse idriche del terreno, il che ci aiuterà molto nel futuro.

Per il resto, il nostro approccio si basa su pratiche che favoriscono la salute del terreno e delle viti – dalla semina del sovescio per mantenere il terreno ricco di sostanza organica, all’inerbimento, alla rottura la crosta superficiale del suolo per favorire l’ingresso dell’acqua e limitare l’erosione.


Carlo, nelle sue mani c’è la memoria storica di Scarpa. Cosa ne pensa? Com’erano le vendemmie ai suoi tempi?

Era tutto diversissimo! Negli ultimi anni abbiamo avuto annate caldissime, ma una volta avevamo troppa pioggia, poco sole, freddo e vendemmie molto più tardive. Il Moscato lo si iniziava il 15 settembre, il Brachetto il 20, il Rouchet il 24, il Dolcetto il 26, e il barbera per La Bogliona intorno al 10 ottobre. I Nebbioli, invece, si vendemmiavano sempre in ottobre - quello da Barolo lo raccoglievamo solitamente il 25 ottobre. Ricordo bene un proverbio della cultura contadina di Langa: 'Guai a vendemmiare il Nebbiolo nel mese di settembre!' Una volta, i contadini erano i veri maestri della viticoltura, il nostro punto di riferimento assoluto.

Ci sono certe annate che ricorda in particolare?

Se voglio ricordare le vendemmie della memoria, ci sono sicuramente alcune annate che mi vengono in mente: l'61, con pochissima uva ma una qualità straordinaria, la 64, che fu abbondante e di qualità eccellente, il '74 e l'78, con un inverno con 80 cm di neve, una primavera piovosa che ha decimato la produzione, ma un autunno splendido, che ha regalato un Barbaresco tutt’oggi imbattibile. Poi c'è il 1985, una vendemmia che ricordo come fosse ieri: c’era poca uva ma la giornata era stupenda, con un cielo coloratissimo – l’annata fu eccellente. E non posso dimenticare anche le annate del 90, 97, 2001, 2007 – Silvio pecca di eccesso di umiltà, ma il suo ingresso in Scarpa è stato battezzato con un’annata straordinaria! – 2011, 2015 e 2021. Ogni decennio ha avuto le sue annate particolari. È un ciclo – ogni dieci anni ci sono 2 annate buone, è così. A essere onesti e realisti, una volta di 10 annate ne venivano bene 4, per il resto – magari fossero state come quelle di oggi!


Quali sono stati, secondo lei, i cambiamenti più epocali e trasformativi negli ultimi decenni?

Dal 2000 in poi, c'è stato un vero e proprio trionfo della Barbera e de La Bogliona. Quando ero giovane, la Barbera veniva svinata con un’acidità totale di 13 per mille, mentre oggi siamo intorno all'8,5/9; allora era necessario un lungo invecchiamento in rovere di Slavonia per affinare. Poi, dal nuovo millennio, i produttori finalmente hanno capito che il barbera è un vitigno eccezionale che dà grandi vini, e ci siamo tutti impegnati per migliorarlo. Abbiamo lasciato indietro la barrique, e poi c’è stata la grande svolta delle denominazioni d’origine, che ha davvero fatto la differenza.

Ci sono ovviamente anche stati grandi cambiamenti nella tecnologia – pensi che il grandissimo Barbaresco '74 era ancora pigiato con la vecchia pigiatrice Garrolla di legno! Oggi gli strumenti sono molto diversi – in primis, già la diraspapigiatrice ha cambiato le carte in tavola – e il risultato si vede e si sente. I vini sono meno ruvidi e tannici. Nel 2001, con un lampo di genio, abbiamo introdotto la vinificazione nei tini di legno troncoconiche, un altro elemento nella scala per migliorare. Il discorso comunque rimane lo stesso – la qualità viene dalla natura e dall’accortezza di trattarla nel miglior modo possibile.


Com’è per lei vedere Scarpa oggi?

Ogni giorno scendo a vedere questa azienda e sono orgoglioso. Vedo il sogno che ho sempre cercato di raggiungere – l’ho raggiunto da pensionato, ma va bene lo stesso: quello di avere i cru per Barolo e Barbaresco. Oggi vedo l’azienda in cui io e la mia famiglia abbiamo profuso il nostro impegno ed energie andare bene, con la stessa visione di sempre. Scarpa è riuscita a passare indenne attraverso cambiamenti e vicende che hanno attraversato l’enologia di questa zona e non è affatto scontato.


Ultima domanda – qual è il consiglio che darebbe a Silvio per gli anni a venire?

Il racconto che ha fatto racchiude tutto quello in cui ho sempre creduto anch'io e riflette perfettamente il suo carattere.

L’unica cosa che deve fare Silvio da qui in avanti è continuare a lavorare come ha sempre fatto, mettendo la salute del vigneto al primo posto e, soprattutto, dando al vino passione e amore – ma non ho dubbi che lo farà. Lui ha la grinta che serve, l'ha notato? È un vero langhetto: un uomo di terra, di forza e di grande personalità.

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